Il Protocubismo e l'inizio del Cubismo in Pablo Picasso: le due opere fondamentali
La storia dell’arte del Novecento potrebbe essere riscritta attraverso le opere di Picasso. Personaggio leggendario, temperamento vigile, inquieto, ha inventato e reinventato modalità espressive, stili, procedimenti tecnici e perfino movimenti. Ha dipinto opere memorabili che oggi si saldano a valori riconosciuti come patrimonio dell’umanità: Guernica, la cui riproduzione è un’icona delle Nazioni Unite, vale per tutti. Ha attraversato il secolo, cambiandone la fisionomia, ha dettato nuove regole dell’arte.
Si può discutere oggi se Les Demoiselles d’Avignon costituiscano la porta d’ingresso all’arte moderna, ma in ogni caso ne rimane il valore di snodo imprescindibile per le vicende successive dell’arte, insieme ad un’altra su opera: il Ritratto di Gertrude Stein, un olio su tela di cm 99,6 x 81,3, iniziato da Picasso nel 1905 e terminato nel 1906. Il quadro è conservato al Metropolitan Museum of Art di New York.
Nel 1905 Picasso chiese a Gertrude Stein donna dalla forte personalità, scrittrice, amica e mecenate dell’artista, di posare per lui. La proposta dell’artista stupisce soprattutto perché generalmente egli lavorava senza modelli. Il ritratto divenne un’opera alquanto impegnativa: nella sua autobiografia, la donna racconta di “ottanta o novanta sedute” e dell’insoddisfazione dell’autore, che non riusciva a rendere la testa come avrebbe voluto. Finì per cancellarla completamente, per ridipingerla poi nell’autunno del 1906. Il confronto tra l’esecuzione delle mani e quella del volto della modella mostra un distacco: se le prime sono ancora legate al Postimpressionismo del “periodo rosa”, il secondo ha un’asprezza, una severità e una robustezza, che testimonino dell’incontro del maestro ventiquattrenne con la plasticità della scultura iberica e delle maschere dell’arte nera. Anche l’influenza di Cézanne è evidente, nella perseverata ricerca formale, nella stesura pittorica, nel volume del corpo modellato attraverso il colore. Non manca neppure il riferimento alla tradizione dei grandi maestri che Picasso aveva visto al Louvre: la postura delle mani e delle braccia, ad esempio, ricorda il quadro di Ingres, “Ritratto di Louis Bertin”. Il dipinto testimonia dunque un fondamentale momento di transizione nella pittura di Picasso: la compattezza della figura e l’atteggiamento solido e severo, chiaramente influenzato dai grandi ritrattisti classici, convivono con un volto la cui durezza e i cui lineamenti squadrati preannunciano una sorta di “protocubismo”. Pertanto, ritengo personalmente assai importante il Ritratto di Gertrude Stein nella storia dell’arte, perché antesignano di sviluppi fondamentali nel fare artistico di Picasso, che con Les Demoiselles d’Avignon realizzato nell’anno successivo, inaugurerà un’epoca nuova: il “Cubismo”.
Les Demoiselles d'Avignon, uno dei quadri più celebri dell’artista spagolo, è un olio su tela di cm 243,9x233,7, realizzato nel 1907 e conservato al MoMa di New York. A centoquindici anni dal suo completamento, quest’opera è ancora in grado di turbare lo spettatore almeno quanto scioccò coloro che lo videro appena finito. Le forma piatte e asimmetriche, la totale mancanza di una profondità spaziale e l’assenza della benché minima indulgenza nella raffigurazione delle donne fecero gridare allo scandalo; solo dopo qualche anno fu chiaro che con questa tela l’artista aveva inaugurato un’epoca nuova: il “Cubismo”.
Il progetto di quest’opera fu tra i più faticosi per l’artista. Non solo egli lavorò mesi su studi preparatori, ripensamenti, e correzioni, prima di giungere all’esecuzione definitiva, ma dopo averla mostrata agli amici dovette affrontare un lungo periodo di delusione per le critiche ricevute. Matisse, Braque, Derain, collezionisti come Leo Stein e mercanti come Kahnweiler e Uhde non capirono immediatamente il senso della nuova strada intrapresa da Picasso. Tra i più indignati vi fu Matisse, che definì il lavoro un oltraggio, un tentativo di mettere in ridicolo il movimento moderno.
All’inizio le ragazze del Carrer d’Avinyo, nome che deriva dalla strada di Barcellona dove era situata la casa di tolleranza cui fa riferimento l’opera, non dovevano essere sole. L’artista vi aveva inserito anche le figure di un marinaio ubriaco con un bicchiere di vino e quella di uno studente con un teschio in mano. Una sorta di moderno “memento mori” in cui la presenza delle prostitute, del marinaio e del ragazzo è stata letta come uno scaramantico esorcismo a sfondo erotico nei confronti della morte incombente sull’uomo di mare contagiato da una malattia venerea.
Lo studente e il marinaio scompariranno sulla tela finale. Il punto d’approdo sarà un lavoro che è una sintesi di contraddizioni: la rappresentazione sfrontata di cinque prostitute nude che si mettono in mostra avviene attraverso la citazione dello “Schiavo” di Michelangelo conservato al Louvre, della statuaria egizia e greca antica, mentre la natura, bandita da una composizione che nega i valori della prospettiva e del realismo, è citata nel brano di frutta della parte inferiore del dipinto.
Lo spazio è ribaltato, claustrofobico, le forme spigolose e taglienti s’incastrano per dare forma a personaggi scomposti, contorti, dove gli oggetti e i piani sembrano ribaltarsi verso lo spettatore. Le figure sembrano imprigionate in una materia solida, densa, i loro sguardi fissi disorientano. Verosimilmente Picasso modificò i volti delle due ragazze sulla destra dopo una visita al museo etnografico Trocadéro di Parigi. Sui visi calano così due maschere africane, brutali, violente, che stridono con la rappresentazione dei corpi femminili. Non c’è sfondo in questa tela, né illusione spaziale. Linee chiare e scure segnano i contorni delle forme essenziali attraverso uno stile sintetico.
Con Les Demoiselles d'Avignon, la cui opera antesignana e prodromica è stata a mio avviso l’opera protocubista Ritratto di Gertrude Stein, Picasso aveva ormai sancito la definitiva rottura con la percezione impressionista e ancor più con i criteri di rappresentazione tradizionale, fondati sulla fedeltà alla natura e su una concezione prospettica ancora rinascimentale. L’arte diventa un libero esercizio della mente che scompone, analizza e struttura la realtà secondo criteri inediti, in cui i concetti di spazio e di tempo fondano una nuova visione del soggetto, con una ricerca della terza dimensione all’interno del quadro attraverso l’applicazione di prospettive multiple.