I Misteri della Pietà di Michelangelo: il volto di Maria è più giovane di quello del figlio Gesù; e perché Cristo ha un dente incisivo in più?

Michelangelo Buonarroti, nato a Caprese nel 1475, deceduto a Roma nel 1564 è fra i maggiori artisti del Rinascimento e uno dei più grandi artisti di tutti i tempi; parlare di Michelangelo è come raccontare la fortuna delle arti del XVI secolo, la sua magnificenza artistica risiede sia nelle opere pittoriche che scultoree, lo studio delle quali segna le generazioni artistiche successive, dando un forte impulso alla corrente del “manierismo”.

La “Pietà” è il capolavoro che consacra la fama dello scultore ventiquattrenne.

Eseguita tra il 1498 e il 1499, la “Pietà” è un’opera scultorea in marmo di Carrara, che da questo momento diventerà la materia primaria per la creatività del sommo artista; alta cm 174, larga alla base cm 195 e profonda cm 69, è ubicata nella prima Cappella a destra della Basilica di San Pietro. Dal punto di vista iconografico Michelangelo si rifà a un modello diffuso nel nord Europa: gruppi scultorei della Pietà su supporto essenzialmente ligneo e diffusi soprattutto in area nordica, con il nome di “Vesperbild”. Rispetto però alle rigide e spigolose raffigurazioni tedesche, scolpisce una forma fluida, sulla quale l’occhio scorre senza posa, attratto dalla dolcezza dei gesti, dal dolore trattenuto, dal miracolo della “visione” celeste.

Come asserisce Fiorella Sricchia Santoro ne “Il Cinquecento, l’Arte del Rinascimento”, ed. Jaca Book S.p.A. Milano, 1997, «la nordica e patetica tipologia del “Vesperbild”, cui probabilmente faceva riferimento il cardinale Jean de Bilhères de Lagraulas commissionando a Michelangelo un Cristo morto deposto nel grembo della madre, è riformulata nell’immagine sublimata di un corpo abbandonato di bellezza incorrotta che la giovane Vergine meditativa, sbilanciandosi leggermente, regge sulle ginocchia e offre alla contemplazione di una religiosità intellettuale ed estetizzante».

Nel corso dei secoli tanto si è scritto sulla Pietà michelangiolesca, che mi è difficile fare un originale commento e non prolisso su questa meravigliosa opera, sicuramente una delle maggiori opere d'arte che l'Occidente abbia mai prodotto. A mio avviso ancora oggi le parole più belle e coinvolgenti, rimangono quelle del Vasari che, riguardo alla Pietà, così scrisse in quei tempi: «Non pensi mai, scultore né artefice raro, potere aggiungere di disegno né di grazia, né con fatica poter mai di finezza, pulitezza e di straforare il marmo tanto con arte, quanto Michele Agnolo vi fece, perché si scorge in quella tutto il valore et il potere dell'arte. Fra le cose belle che vi sono, oltra i panni divini suoi, si scorge il morto Cristo, e non si pensi alcuno di bellezza di membra e d’artifizio di corpo vedere uno ignudo tanto divino, né ancora un morto che più simile al morto di quello paia. Quivi è dolcissima aria di testa, et una concordanza ne’ muscoli delle braccia et in quelli del corpo e delle gambe, i polsi e le vene lavorate, che invero si maraviglia lo stupore che mano d’artefice abbia potuto sí divinamente e propriamente fare in pochissimo tempo cosa sí mirabile; che certo è un miracolo che un sasso da principio, senza forma nessuna, si sia mai ridotto a quella perfezzione che la natura a fatica suol formar nella carne».

La statua, come già enunciato in precedenza, fu commissionata dal cardinale francese Jean de Bilhères, abate di Sain-Denis e ambasciatore di Carlo VIII destinata alla sua tomba nella Cappella di Santa Petronilla nei pressi dell’antica basilica di San Pietro, ma fu spostata al suo sito attuale nel XVIII secolo. Il contratto per l’esecuzione dell’opera è stato stipulato nell’agosto 1498, garante il banchiere Jacopo Galli. Di recente si è ipotizzato che la scelta del tema, col compianto della Vergine sul corpo morto del Figlio, sia da mettere in relazione con il dolore del Papa Alessandro VI per l’assassinio del figlio, il duca di Gandia, nel 1497.

Nella “Pietà” la finezza dei panneggi, la monumentalità della composizione, la perfezione anatomica, tutto è scolpito in una naturalezza senza tempo che ha decretato per quest’opera una fortuna ininterrotta e un’ammirazione sconfinata. È' l'unica opera di Michelangelo autografata: “MICHAEL.A[N]GELVS BONAROTVS FLORENT[INVS] FACIEBAT” ha scolpito il Sommo Artista sulla fascia che attraversa il petto della Vergine Madre, richiamando le firme di artisti greci quali il pittore Apelle e lo scultore Policleto.

La statua rappresenta la Vergine Maria che sorregge sulle ginocchia il Figlio dopo che è stato deposto dalla croce. La Pietà non esprime la sofferenza della madre, non presenta lo scempio del corpo vessato di Cristo: l’uno e l’altro, la vita e la morte, unitamente congiunti, conseguono la perfezione divina. Maria ha lo sguardo abbassato verso il corpo di Cristo; sostiene il Figlio con la mano destra sotto il braccio all’altezza dell’ascella mentre il corpo è delicatamente steso sulle gambe di Maria con sorprendente scioltezza e naturalezza, oltre a un'originale e incredibile compostezza. Le due figure sembrano unirsi con toccante intimità, producendo un'originale e straordinaria composizione, congiunte dall'ampio panneggio sugli arti inferiori di Maria, dalle pesanti pieghe mosse e sapientemente articolate, che creano profondi effetti chiaroscurali. Nelle mani di Gesù sono visibili i segni dei chiodi con i quali è stato crocifisso. La compitezza del corpo di Gesù e del dolce viso della Madonna comunicano il superamento delle sembianze terrene e il conseguimento della bellezza ideale, con una ricerca formale caratteristica del Rinascimento.

 Dall’osservazione di questa Pietà, da sempre ci si è posto il quesito dell’enigma del volto di Maria. Perché risulta così giovane, quantunque la vicenda narri uno dei periodi conclusivi della sua vita? Perché è il volto di una fanciulla che non ha conosciuto il peccato. Michelangelo aveva certamente voluto rappresentare la purezza e la castità di Lei. Non solo: quando Maria era solo una ragazza, l’Arcangelo Gabriele comparve di fronte a Lei con l'annuncio del concepimento e della nascita verginale di Gesù. L'angelo le disse (Vangelo Lc 1, 26-38): «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine». Lei, piena di grazia, benedetta tra le donne ne ascoltò in maniera estatica e trasognata il messaggio. E mentre l’Arcangelo proferiva le sue parole di luce, sentì nel cuore il mistero della croce, della sua sofferenza e conseguente resurrezione salvifica per umanità. Immolato su una croce, come il peggiore dei delinquenti. E che lei avrebbe assistito a quella morte. Lo sa, lo sa già quando l'Arcangelo le si presentò davanti, annunciando: “Tu non sei più vicina a Dio di noi; siamo lontani tutti. Ma tu hai stupende benedette le mani. Nascono chiare a te dal manto, luminoso contorno: io sono la rugiada, il giorno, ma tu, tu sei la pianta”.

Maria percepisce che avrebbe tenuto il Figlio tra le braccia esanime, calandolo dal Golgota dove è stato crocifisso. Maria lo sa. Michelangelo la rappresenta in quel momento, mentre è soltanto una fanciulla, ma consapevole della trista premonizione. Questo spiega per quale motivo il suo volto è giovanile. Per capire il segreto della Pietà, necessita considerare l’evento della Nascita di Gesù. Quando Lei era una ragazza, e il sovrumano fece irruzione nel creato sotto forma d’uomo. Attraverso Lei che disse: "sì". Lei, Maria, Vergine, Madre. “Figlia di suo figlio”, come scrisse Dante. Il volto di Maria, quindi, è giovane, perché è il volto di una giovane indenne dal peccato, mentre il corpo di Cristo è il corpo stremato di chi ha voluto accollarsi tutti i peccati su di sé.

 La struttura della statua è piramidale, col vertice corrispondente alla testa di Maria: man mano ci si avvicina alla base il gruppo scultoreo si allarga gradualmente, col panneggio dell’abito della Madonna, che diventa sempre più ampio fino ad appoggiarsi sulla roccia del Golgota. Le proporzioni del corpo di Cristo sono tuttavia non perfette, essendo troppo piccolo rispetto alla Madre: l’ampio panneggio della Madre può essere stato un artifizio usato da Michelangelo per sopperire allo scarto proporzionale, restituendo il tutto più regolare.

Le tracce della crocifissione sono esigue, lasciando solo minuscole cicatrici sulle mani e sul costato, mentre il volto di Gesù non riporta segni della Passione: Michelangelo, in questo modo, non aveva l'intenzione di conferire alla sua Pietà la raffigurazione della morte, ma un archetipo religioso di puro “cedimento” e abbandono. L’opera scultorea può essere considerata l’inizio dell’evoluzione stilistica del maestro, il cui talento viene evidenziato dalla cura minuziosa e meticolosa dei particolari.

 Una curiosità: il Cristo, che con il corpo sfinito sembra abbia voluto addossarsi tutti i peccati del mondo, ha un dente incisivo in più, un quinto incisivo centrale nell’arcata dentale superiore: secondo la simbologia religiosa del tempo il quinto incisivo era definito "dente del peccato"; i dentisti ora parlano di «hyperdontia» o di «mediodens». È una anomalia della dentatura con un’incidenza tra lo 0,1 e il 4%, per cui gli incisivi sono cinque e non quattro. Compare anche in alcune opere d’arte (ad esempio il “dente del peccato” è presente nella bocca del diavolo raffigurato da Sandro Botticelli nei suoi disegni della “Divina Commedia”, o anche nella “Pietà” dipinta da Lorenzo Salimbeni, quest’ultima verosimilmente il caso di raffigurazione di iperdontia più antica, essendo il pittore vissuto a cavallo del 1300 e il 1400. Diverse sono inoltre le opere conservate in diversi musei del mondo che presentano un quinto incisivo) Anche il Cristo della Pietà di Michelangelo ne è “affetto”. Come mai? Sappiamo che Michelangelo non faceva mai nulla di accidentale. Secondo lo storico dell’arte Marco Bussagli (che lo ha scoperto), la scelta di scolpirlo da parte di Michelangelo rappresenterebbe l'assunzione di tutti i peccati del mondo compiuta da Cristo... «Quel dente in più testimonia la misericordia per l’incapacità dell’uomo di comprendere perfino i doni che Dio ci ha fatto, incluso quello della Redenzione, per la caparbia miopia di seguire il nostro apparente tornaconto», è la spiegazione dello storico dell’arte. Il dente in più, pertanto, starebbe a significare l’addossarsi di tutti i peccati dell’umanità compiuta da Cristo.

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