“La Dama con l'ermellino”, uno dei dipinti più belli di Leonardo da Vinci

La personalità di Leonardo da Vinci, nato ad Anchiano, frazione di Vinci il 15 aprile 1452, deceduto ad Amboise (Centro-Valle della Loira, Francia) il 2 maggio1519, una delle più complesse e articolate nel campo della storia dell’arte, è probabilmente quella che, più di altre, è stata oggetto di studi di ogni tipo, producendo molteplici reazioni come si trattasse di un essere totalmente diverso da ogni altro, evocando nella percezione comune l’immagine del genio e addirittura del mito. Egli visse in un’epoca in cui (nonostante l’invenzione della stampa, la scoperta del “nuovo mondo”, la “Rinascita” delle arti, “l’uomo al centro dell’universo”) il contrasto tra le sue aspirazioni e l’inadeguatezza di mezzi e strumenti a sua disposizione mettono oggi a nudo tutta la sua umanità e la sua unicità. Cesare Luporini (La mente di Leonardo, 1953) espone il divario in questo modo: “I problemi che egli investiva e intorno a cui si affaticò - la natura, la scienza e il suo metodo, l’esperimento, la macchina, il lavoro, l’utilità a pro’ di tutti gli uomini, il carattere conoscitivo e realistico dell’arte, il rapporto tra arte e scienza – rispetto al suo tempo sono problemi carichi di avvenire, e fra quelli che saranno poi decisivi nella formazione del mondo moderno”. Leonardo ha precorso i tempi.

“La Dama con l’ermellino” o “Ritratto di Cecilia Gallerani” è un dipinto a olio su tavola di noce di cm 54,8×40,3 che Leonardo da Vinci, realizzò tra il 1488 e il 1490. Conservato per anni nel Museo Czartoryski di Cracovia, dal maggio del 2012 al 7 maggio 2017, il quadro è stato esposto al castello del Wawel, sempre a Cracovia. Il 19 maggio 2017 l'opera è stata temporaneamente spostata al Museo nazionale di Cracovia fino al 20 dicembre 2019 per poi tornare esposta al Museo Czartoryski. L'opera è uno dei dipinti più belli di sempre di Leonardo Da Vinci, simbolo dello straordinario livello artistico raggiunto durante il suo primo soggiorno milanese, tra il 1482 e il 1499. Il principe Adam Czartoryski aveva acquistato questo magnifico ritratto verso la fine del Settecento, per donarlo alla moglie Isabella, la quale aveva una specie di museo privato, detto la “Casa Gotica” nel castello di Pulawy. La dama effigiata è Cecilia Gallerani, figlia di Fazio Gallerani, nobile milanese e possidente terriero. La donna, colta e di intelletto acuto, era sedicenne e orfana quando il suo amante, il duca Ludovico, le donò il feudo di Saronno. A motivo della sua bellezza, dell’ingegno e delle doti dell’animo ella si pose in un ruolo di primo piano nella corte milanese; ma una volta che il suo duca prese moglie, la Gallerini sposò il conte Bergamini di Cremona e abitò a Milano il palazzo del Broletto.

Con questo dipinto, Leonardo supera il modello di ritrattistica ancora prevalente a quel tempo nell’Italia settentrionale. Non ricorre al ritratto di profilo, allora usuale per i ritratti di spose e fidanzate, poiché doveva raffigurare Cecilia non come sposa, ma come amante di Ludovico Sforza, detto il Moro, Duca di Milano. Leonardo si discosta anche dall’iconografia tradizionale, piuttosto statica, in cui testa e busto sono rivolti nella stessa direzione. Nella “Cecilia Gallerani” i movimenti sono contrapposti: il busto si volge a sinistra, la testa invece a destra. Questa concezione dinamica della rappresentazione non si esprime solamente nella torsione del corpo di Cecilia, ma anche nella posizione dell’ermellino, dettagliatamente caratterizzato e che, girandosi, sembra riprendere il movimento della giovane donna. All’ermellino corrisponde a sua volta la mano elegantemente ricurva, ma al tempo stesso leggermente sovradimensionata di Cecilia. L’ermellino rappresenta da un lato un’allusione al cognome di Cecilia, poiché il suono della parola Gallerani ricorda il termine greco che indica l’ermellino, “galée” (γαλή). Dall’altro, il piccolo animale era considerato simbolo di purezza e continenza, perché secondo la leggenda rifuggiva dalla sporcizia e mangiava una sola volta al giorno. A partire della fine degli anni ’80 del XV secolo, l’ermellino poteva inoltre essere interpretato come allusione a Ludovico Sforza, che ne aveva fatto uno dei suoi emblemi. In senso traslato, quindi, in questo ritratto Ludovico – nella forma del suo animale simbolo – viene “preso in braccio” e accarezzato con dolcezza. Ricordo, a questo proposito, che nel 1488 Ludovico ricevette il prestigioso titolo onorifico di cavaliere dell'Ordine dell'Ermellino dal re di Napoli Ferdinando I di Aragona. (L'Ordine dell'Ermellino fu un ordine cavalleresco istituito il 29 settembre 1463 dal re del Regno di Napoli Ferrante d'Aragona. Agli insigniti veniva conferito un collare d'oro con un ermellino per ciondolo, recante il motto latino “malo mori quam foedari” ("preferirei morire piuttosto che essere disonorato"). La dama, che emerge da un fondo scuro, sembra volgersi come se stesse osservando qualcuno che sopraggiunge nella stanza; il vestito è curatissimo, ma non eccessivamente sfarzoso, un laccio nero sulla fronte tiene fermo un velo dello stesso colore dei capelli, raccolti in una treccia alla catalana, un'acconciatura femminile molto in voga in Spagna e in Italia nell'ultimo quarto del secolo XV.

Dai raggi X emerge che dietro la spalla sinistra della dama era anticamente dipinta una finestra; ecco il motivo di quella luce così intensa e dell’effetto del riflesso che noi vediamo oggi.

Giuseppe Frascaroli

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