“Nike di Samotracia”, capolavoro dell’ellenismo

La Nike di Samotracia è una scultura di scuola rodia, attribuita a Pitocrito, databile al 200-180 a.C. circa e oggi conservata al Museo del Louvre di Parigi, dove abbellisce la cima della monumentale scalinata Daru. Di imponenti dimensioni (245 cm in altezza), la statua fu dedicata ai Rodii nel santuario dei Grandi Dei sull’isola di Samotracia dopo la vittoria navale di Side (191-190 a.C.) in cui Rodi, alleata di Pergamo, sconfisse Antioco III il Grande, re di Siria. Era posta su una prua di una nave in marmo, sistemata in un basso bacino d’acqua, Davanti alla nave, disposta in obliquo, era un bacino più basso da cui emergevano scogli. Il monumento è uno dei primi esempi noti, fuori di Rodi, di fontana in cui sono compresenti elementi architettonici, scultorei e naturali. Il rinvenimento, nei pressi dell’opera, di un’iscrizione con il nome di Pythokritos, che aveva firmato a Lindos il rilievo con la poppa di nave, ha permesso di ritenere questo artista l’autore della scultura. La statua, oggi priva di testa e di braccia, fu ritrovata nel 1863 in stato frammentario (circa 110 frammenti), dall’archeologo francese Charles Champoiseau. Nike era una delle divinità greche; figlia del titano Pallante e della ninfa Stige, personificava la vittoria (bellica e sportiva). Veniva raffigurata come una giovane donna alata, vestita con un leggero chitone. Nelle mani (i cui frammenti si possono osservare in una vetrina) impugnava una tromba, con la quale comunicava il trionfo di una battaglia.

Personalmente sono sempre stato innamorato e profondamente colpito dalla Nike di Samotracia, gigantesca statua dalla dirompente carica vitale, scolpita nel pregiato marmo di Paro, che a mio avviso costituisce uno dei massimi capolavori dell'età ellenistica. Elegante figura che sembra atterrare o spiccare il volo dalla prua di una nave: la figura, eretta, si sviluppa magnificamente lungo l'asse perpendicolare della gamba destra, sulla quale appoggia tutto il corpo, mentre la gamba sinistra è arretrata come a cercare stabilità o per darsi lo slancio necessario. Il petto è spinto in avanti e leggermente ruotato a destra rispetto l'asse centrale, come se stesse per volgere il proprio busto, mentre la parte inferiore del corpo sembra accennare una rotazione verso il lato opposto: questa lieve torsione crea una elegante linea sinuosa che percorre tutto il corpo della dea, ispirando un forte senso di dinamismo. Colpisce e affascina l'equilibrio instabile, determinato dal contrapporsi di due forze contrarie: la spinta in avanti del corpo e l'attrito dell'aria sulle ali. Un vento impetuoso pare infatti investire la figura protesa in avanti, muovendo il panneggio che aderisce strettamente al corpo, creando un gioco chiaroscurale di piccole e fitte pieghe dall'altissimo valore virtuosistico, in grado di valorizzare il risalto dello slancio. Dinamismo ed abilità di esecuzione si uniscono quindi in un'opera che concilia spunti dai migliori artisti dei decenni precedenti: il vibrante panneggio fidiaco, gli effetti di trasparenza e leggerezza prassitelici che fanno intravedere le forme sottostanti del bellissimo corpo e la tridimensionalità lisippea. La statua è talmente bella nella sua coerenza, che quasi non disturba la perdita di due parti anatomiche così importanti come la testa e le braccia.

Giuseppe Frascaroli

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