Perché Mirone, grande scultore dell’Antica Grecia, appartiene al Periodo Severo e non all’Età Classica, come ritengono alcuni Studiosi
Mirone, bronzista tra i più famosi dell'antichità, poco più giovane di Kalamis e Pitagora, è nato a Eleutère, in Beozia nel V secolo a.C. Sembra essere stato discepolo di Agelada di Argo, scultore fiorito tra la fine del sec. VI e i primissimi decennî del V a. C.; Mirone inoltre ebbe un figlio, Licio, la cui attività come scultore era già conosciuta in Atene anteriormente all'inizio della guerra del Peloponneso. Attivo tra il 470 e il 450 a.C., fu uno dei più importanti rappresentanti dello Stile Severo, concludendo il Tardo Arcaismo, anche se alcuni Autori accreditati, come la Prof. Emanuela Pulvirenti, nel suo Corso di storia dell'arte – Didatticarte, nel descrivere il Discobolo, lo inserisce nell'Arte Greca Classica, perché lo sportivo incarna la “Bellezza Ideale”; il corpo giovane e atletico con i muscoli ben rilevati, secondo la Pulvirenti, è "l'ideale classico" per eccellenza. (Sito web: didatticarte 5c arte greca classica)
Per me non è così.
Premetto intanto che lo Stile Severo è precursore dell'Età Classica, ma non rientra ancora in quell'Era, anche se va detto che è sempre difficile dividere un periodo storico da un altro in maniera schematica, esistendo invece una continuità, un trapasso lento che è coerente con il fluire della vita. Normalmente il Periodo Severo va dal 480 al 450 a. C. e rappresenta il momento di transizione tra il Periodo Arcaico (o meglio, il Tardo Arcaismo) e l'Età Classica.
Fatte queste premesse, l'opera più nota di Mirone è senz'altro il Discobolo, opera di mirabile bellezza, le cui copie di età romana furono identificate grazie alla descrizione fornita da Luciano (Philops., XVIII, 45-46). L'originale bronzeo, forse fuso per Sparta, viene datato verso il 460 a.C. per la vicinanza stilistica con le teste dei Lapiti nel frontone occidentale del tempio di Zeus in Olimpia. Raffigura l'atleta nudo nel momento del massimo sforzo e della massima concentrazione, mentre raccoglie tutte le sue energie appena prima di lanciare il disco.
Mirone affronta il tema, comune nell’antichità, dell’atleta; ma il suo non è l’atleta vittorioso, anzi, è rappresentato nell’istante dell’azione, mentre sta per tirare il disco. In ciò Mirone si accosta a quella corrente della scultura arcaica che, come quella egineta, aveva affrontato il tema del moto. Ed è quello che le fonti letterarie antiche già avevano riscontrato in lui. Ma egli non rende tanto la continuità del movimento, quanto l’immobilità, anche se nella “Storia dell’Arte Universale” RCS Quotidiani S.P.A., vol.25, pag185, 2009, la statua viene descritta “piena di movimento, (…) esprimendo forte vitalità”.
L'atleta, a mio avviso, più che esprimere movimento, viene rappresentato nel momento di stasi in cui il suo corpo, dopo essersi rannicchiato per prendere slancio e radunare le forze, sta per aprirsi e liberare la tensione (che è ancora contenuta) imprimendo al lancio maggiore energia. Subito dopo girerà su sé stesso e scaglierà il disco, accompagnando il gesto con tutto il corpo. Con il suo perfetto congegno di moti, il Discobolo appare immobile, in una posa fuori del tempo. Le proporzioni geometriche non collimano con quelle del corpo umano, creando delle impercettibili imprecisioni. Tutto è contenuto come dentro una cornice geometrica, formata dalla linea retta che, lungo il braccio destro, giunge alla testa, dall'altra linea che scende alla spalla e, tramite il braccio sinistro fermato col polso al ginocchio destro, giunge fino al piede; infine, dalla linea ideale che congiunge la mano destra al piede sinistro appoggiato con la punta al suolo. D'accordo con Piero Adorno e Adriana Mastrangelo, entro questo schema esterno si organizzano, altrettanto solidamente, due curve: quella costituita dalle braccia, ripresa in basso dalla gamba sinistra, e quella, opposta, della testa, del torso e della coscia destra. Più che rendere il movimento reale attraverso l'articolazione del corpo, si esprime il concetto di moto in senso astratto.
In questo Mirone, a mio avviso, è greco e tardo-arcaico. Esprime ancora l’arte severa, pur tarda, ma non si può inserire nel periodo classico.
È anche tardo-arcaico e di stile “Severo” nell'aver concepito la statua compresa entro due piani paralleli: quello anteriore (formato dal viso, dall'ampio busto di prospetto, dalla gamba destra di profilo) e quello posteriore (formato dalle spalle e dalla gamba sinistra), costringendo il corpo ad assumere, contemporaneamente, due posizioni diverse, secondo una consuetudine che abbiamo già avuto modo di notare. Non esiste, dunque, come qualcuno ha affermato, una molteplicità di punti di vista: ne abbiamo uno solo, quello frontale, come se si trattasse di un altorilievo.
Cicerone scrisse: «Le opere di Mirone non sono ancora vicinissime alla verità, nondimeno non si esiterà a dichiararle belle; quelle di Policleto sono ancora più belle e già veramente perfette secondo la mia opinione».